Mercati

In Italia vengono prodotte ogni anno dall’industria mangimistica oltre 14 milioni di ton. di mangimi composti, per un fatturato del settore di circa 6 miliardi di euro e con oltre 8500 occupati.
La produzione mangimistica italiana copre quasi interamente il fabbisogno nazionale (oltre il 95%) ed è destinata a tutte le principali specie animali allevate (bovini, suini, avicoli, conigli, ovini, equini, pesci, ecc.).

Sulla base del patrimonio zootecnico nazionale si stima un fabbisogno di mangimi di circa 21 milioni di ton., di cui circa 14 milioni sono prodotti dall’industria mangimistica, altri 4-5 milioni sono autoprodotti presso le aziende di allevamento ed il restante è costituito da materie prime somministrate direttamente in allevamento (cereali, sottoprodotti dell’industria agro-alimentare, foraggi).

Le principali materie prime utilizzate per l’alimentazione animale

Tra le materie prime utilizzate per l’alimentazione animale le più importanti sono i cereali ed i semi oleosi che, nel complesso, ammontano a quasi 19 milioni di ton. ripartite in:

Cereali

Il granturco (circa 8,5 milioni di ton.) è certamente il più importante, seguito da orzo (1,4 milioni di ton.), grano tenero (1,3 milioni di ton.), sorgo (0,4 milioni di ton.) ed altri cereali minori (avena, miglio scagliola). I cereali possono essere utilizzati tal quali o come derivati, tra cui figurano una serie di sottoprodotti della molitura, principalmente crusca e farinaccio (quasi 3 milioni di ton.).

Semi oleosi

La soia è il più rilevante, l’uso in mangimistica avviene solo per una minima parte con seme integrale (meno di 300 ton. annue), mentre l’utilizzo consolidato è quello delle farine di estrazione di soia (circa 3,6 milioni di ton.), a cui si aggiunge una quantità rilevante di farine di estrazione di girasole (circa 0,9 milioni di ton.).

Approvvigionamento

A causa della limitata superficie agricola utilizzabile a livello nazionale (12,5 milioni di ettari), in costante calo per diversi fattori (cementificazione, abbandono dei terreni marginali, impieghi per altri usi), la produzione italiana di materie prime non è in grado di fare fronte alla domanda interna proveniente sia dal settore alimentare che mangimistico.
Da ciò deriva per l’industria mangimistica la necessità di ricorrere ad un’importante quota di importazione di materie prime, via via cresciuta nel tempo arrivando a superare ormai abbondantemente la soglia del 50% rispetto al fabbisogno interno.

A livello mangimistico le materie prime che, sotto il profilo quantitativo, assumono un rilievo particolare dal punto di vista dell’approvvigionamento estero sono soprattutto la farina di soia, che dopo il divieto di utilizzo delle proteine animali trasformate rappresenta la più importante fonte proteica; il mais che, per tradizione, caratteristiche nutrizionali ed efficienza nella razione alimentare, costituisce il cereale-base delle formule; il grano tenero, l’orzo e la farina di girasole.

Soia

La dipendenza del nostro Paese dall’estero oscilla – a seconda delle annate – dall’85% ad oltre il 90%; le principali fonti di approvvigionamento sono principalmente i Paesi del Sud America (Argentina e Brasile).

Mais

Un tempo coltura principe dell’agricoltura italiana per la quale si raggiungeva l’autosufficienza fino ad una quindicina di anni fa, la dipendenza dall’estero è di recente gradualmente aumentata a causa del progressivo calo delle superfici coltivate fino a superare dal 2017 il 50% della domanda interna. Tale situazione è conseguente ad una progressiva perdita di competitività del mais italiano rispetto ai maggiori players internazionali, determinata da una stagnazione delle rese per ettaro (inferiori ai 100 quintali/ettaro da oltre 20 anni) e dalle crescenti problematiche di carattere igienico-sanitario causate dalle micotossine che ne rendono, in alcuni casi, impossibile l’impiego ad uso alimentare e mangimistico. A ciò si deve poi aggiungere anche la concorrenza esercitata su tale coltura dall’impiego per la produzione di biogas, che ha sottratto di fatto superfici alla produzione da granella.

Grano tenero

La produzione nazionale di questo cereale è quasi esclusivamente panificabile, quindi per l’uso foraggero in alimentazione animale è necessario fare ricorso quasi interamente all’importazione con una quota stimata superiore all’80% del fabbisogno.

Orzo

La produzione italiana si è mantenuta più o meno costante negli ultimi anni con una capacità prossima al 50% del fabbisogno e con la conseguente dipendenza dall’estero per la restante quota.

Farina di girasole

L’impiego in alimentazione animale è significativo, ma di molto inferiore alla farina di soia; permane il problema della scarsa produzione interna che obbliga ad un approvvigionamento dall’estero intorno al 90% della domanda interna.

In pratica, considerata la fortissima dipendenza dall’estero per le materie prime utili all’alimentazione animale, è opportuno evidenziare che le valutazioni effettuate a livello comunitario o nazionale sull’adozione di provvedimenti per influenzare o limitare le fonti di approvvigionamento e quindi la feed security non possano prescindere da un’analisi attenta delle dinamiche di sviluppo mondiale. Le superfici interessate, la capacità di produzione, la qualità merceologica e sanitaria e l’impiego delle tecnologie più innovative dei principali concorrenti mondiali giocano un ruolo importante ed inevitabilmente pesano sul mercato di queste materie prime e sulla competitività di tutti gli operatori della filiera zootecnica.